You say Orange wine, io dico bianco macerato

Da un po’ sentiamo parlare di orange wine, una parola inglese per indicare quei vini bianchi macerati che già fanno parte della nostra tradizione vitivinicola. Nulla di nuovo sotto il sole quindi, ma un ritorno in chiave moderna del vino fatto in casa nelle nostre campagne, soprattutto nel nord Italia. Tra le nostre cantine trovate ad esempio il Katamacerato di Elios e il Pinot Grigio metodo tradizionale di Simon di Brazzan.

Ma cosa sono? Gli orange wine sono prodotti con uve a bacca bianca ma vinificati come vini rossi, cioè con il mosto che macera a contatto con bucce e lieviti, in tini o anfore, per un periodo che può variare da qualche giorno a qualche mese. Questo metodo di vinificazione arricchisce i vini di tannini e sostanze aromatiche che li rendono diversi sia dai bianchi che dai rossi per il loro colore che tende all’arancione, ma anche per profumo e gusto.

Il territorio di origine di questi vini è la Georgia, dove già tantissimi anni fa i vini venivano fatti macerare nei qvevri, che sono delle tradizionali otri ovali in argilla cotta, simili alle anfore usate oggi, e vinificati con un metodo produttivo che è patrimonio UNESCO. Oggi il fulcro produttivo di questi vini è distribuito tra Slovenia, Italia, Croazia e Austria, passando dall’Istria, attraverso il Carso fino al Collio e alla bassa Friulana.

Spesso gli orange wine sono prodotti con uve allevate con metodi biologici o biodinamici e questo è positivo visto che ciò che si trova sulle bucce si ritrova anche nel vino. Ma la riduzione al minimo di sostanze chimiche e artificiali aumenta il rischio ossidativo ed è per questo motivo che per ottenere dei bianchi macerati di qualità servono esperienza, competenza e abilità.

Sono viticoltori che tutelano l’ambiente e custodiscono le vecchie tradizioni e la conservazione e il recupero di vitigni spesso dimenticati. Un lavoro che inizia in vigna, dove si coltivano uve sane che fermentano in modo naturale, affinano in botti di legno e producono vini di carattere che finiscono in bottiglia senza essere filtrati.

Sono vini di nicchia e non sono semplici da capire al primo assaggio, ma stanno conquistando il gusto di molti proprio per le loro peculiarità. Come dice il nome, li riconosciamo per il colore aranciato o ambrato ma l naso possono essere erbacei, floreali o fruttati come alcuni vini bianchi, tutto dipende dalla durata della macerazione e il tipo di vitigno utilizzato. In bocca però sono sicuramente pieni, quasi da mordere, più complessi  perché il livello di tannini è superiore alla maggior parte dei vini bianchi e rosati. Questa complessità li rende perfetti con i piatti della cucina orientale ma anche con formaggi stagionati, salumi e piatti un po’ elaborati di carne bianca o di pesce.

Anche se sono vini che provengono da uve bianche, non vanno serviti freddi: la temperatura di servizio ideale per gustare un orange è tra i 12 e i 15 gradi, così si sprigionano tutti i profumi e i sapori ottenuti con la macerazione.

Un’ultima osservazione: possono costare un po’ di più, ma a parità di vitigno, per un bianco macerato che viene vinificato come un vino rosso i tempi di produzione e affinamento si allungano, quindi il costo superiore e l’attesa sono spesso ampiamente ripagati dalla particolarità e dall’unicità di quello che trovate nel calice.

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